sabato 31 gennaio 2009

Nicola Faenza, qualcosa ora si muove
una preziosa testimonianza da Latiano

Gli “appelli” che periodicamente lanciamo da questa rubrica, qualche volta vengono accolti. Qualche settimana fa, accennammo all’opportinità che si approfondisse la ricerca sul musicista modugnese Nicola Faenza (1842-1927). E qualcosa si è mosso. Da Latiano mi ha scritto la signora Vittoria Ribrezzi, presidente della Casa-museo Ribrezzi-Petrosillo di Latiano.
Il bisnonno della signora Ribrezzi, il magistrato Angelo Ribrezzi (1829-1907) fu infatti “poeta per diletto” e molte sue liriche vennero musicate da Nicola Faenza, nell’arco di un cordiale sodalizio artistico protrattosi per molti anni.
La signora Ribrezzi ha condotto, da una quindicina d’anni ad oggi, tutte le ricerche possibili in merito, col reperimento di più d’una partitura e nell’ottobre del 2004 prommosse un concerto dei brani reperiti, concerto che si svolse nella casa-museo di Latiano e venne replicato a Ruvo a Palazzo Jatta (famiglia imparentata con i Faenza).
Del concerto – protagonista il tenore Aldo Gallone e la pianista Tina Volpe- resta una stimolante documentazione sonora: è stato infatti realizzato un cd che raccoglie otto registrazioni “live” effettuate in parte a Latiano da P. Forleo e in parte a Ruvo, ovviamente da G. Cavaglieri, alla cui attività “amatoriale” sio deve oggi, se molti veri avvenimenti musicali in Puglia non sono solo consegnati alla memoria di chi vi ha assistito. I brani di Nicola Faenza sono cinque: un notturno per pianoforte, e le romanze (tre testi di Angelo Ribrezzi e una su testo di Giuseppe Apicella). Completano il cd anche un brano pianistico di Saverio Faenza (nipote del musicista), e due brani vocali di Mercadante e Gastaldon (a ribadire il rapporto di Faenza con la scuola musicale napoletana e altri compositori dell’epoca).
Il cd è corredato da note biografiche di Ribrezzi e Faenza stilate dalla signora Ribrezzi (molto più quindi delle poche righe a suo tempo incluse nel “dizionario” di Pasquale Sorrenti) e da una documentata introduzione storica e da un’analisi dei brani registrati, curata con la consueta ed apprezzata competenza del musicologo pugliese Matteo Suma (autore, ricorderemo, di un bel volume su Mercadante, edito da Schena nel 1995).
Fra l’altro, cita la signora Ribrezzi, Faenza compose un inno sempre su parole di Angelo Ribrezzi – “Alla maestà di Umberto I Re d’Italia”, eseguito a Bari il 20 novembre del 1880. L’avvenimento è documentato da una locandina, ma della musica si è persa traccia.
Le ricerche compiute da Vittoria Ribrezzi sono quanto mai preziose, ma non le si può certamente considerare esaustive; chi sa se, in qualche casa barese delle “famiglie bene” di un tempo, almeno di quelle aduse a conservare minuziosamente le “vecchie carte”, non spunti qualcos’altro in proposito!

Nicola Sbisà – “La Gazzetta del Mezzogiorno” - gennaio 2009

Roberto da Bari
orgoglio dei Chyurlia


Una strada centrale del Quartiere Murat è intitolata al nome di Roberto da Bari, il quale fu un famoso giureconsulto del XIII secolo, discendente dall'antica e nobile famiglia Chyurlia di origine greca. Egli ricoprì la carica di gran protonario del regno sotto Carlo I d'Angiò, da cui fu tenuto in alta considerazione per la profonda cultura e per le eccelse qualità possedute. A lui il sovrano affidò l'ingrato compito di leggere, a Napoli, nel1269, la sentenza di condanna a morte dell'infelice Corradino di Svevia, il quale - secondo quanto riferisce Vincenzo Massilla nella sua "Cronaca sulle famiglienobili di Bari" - arebbe sdegnosamente pronunciata, all'indirizzo di Roberto, la seguente frase: "Mentiris rustice quia per in parem non habet imperium", alludendo alla incompetenza di re Carlo, presente alla scena, si sarebbe addirittura scagliato contro il protonatario e lo avrebbe ucciso, ma altri affermarono non essere ciò vero e che Roberto sarebbe stato semplicemente ferito, essendo documentata la sua permanenza in vita in epoca successiva all'episodio.

Anche lo storico secentesco barese Antonio Beatillo si occupò della questione nella "Historia di Bari", sostenendo la seconda tesi, in quanto, nella chiesa di San Nicola di Bari, si vedeva ancora ai suoi tempi il sepolcro di Roberto, adornato con l'rma della famiglia e con tanto di epigrafe, collocata "fuori la porta grande dell'ala destra, detta la porta dei leoni". A lui era inoltre dedicata una lunga epigrafe, nella quale erano citati i suoi straordinari meriti. Al presente, la latra tombale si trova ancora custodita nel lapidario della basilica, mentre del sepolcro dei Chyurlia è rimasta traccia in un'altra lapide con la data del 1742, fissta sul pavimento, all'interno della chiesa, quando la prima, che si trova all'esterno, venne rimossa.

Ma tornando alla considerazione goduta da Roberto presso Carlo d'Angiò, va detto che la famiglia fu da questo colmata di benefici, anche dopo la morte di Roberto. Si conosce infatti che fu largamente generoso nei confronti delle due nipoti Mabilia e Romanella, figlie del figlio Ruggero: alla prima conferì in feudo la terra di Montenato in provincia di Lecce, quando andò sposa a Tommaso di Belvedere; alla seconda la città di Bitetto in provincia di Bari, quando si maritò con Bertrando, visconte di Tremblaio e di Lastrico.


Vito Antonio Melchiorre - "L Gazzetta del Mezzogiorno" del 30/01/2009