domenica 5 luglio 2009

Addio signor Murat
cambia pelle la tua città

aaaaNella metamorfosi del quartiere murattiano, che iniziò prestissimo e non s’è mai fermata, registriamo una sostituzione edilizia che sta avvenendo in questi giorni. Demoliti due fabbricati degli inizi del Novecento, l’impresa Contemporanea di Gravina sta costruendo un nuovo palazzo, in via De Rossi 203 e 205. Erano due edifici di mediocre fattura, con i prospetti privi di cornici o fregi e intonaci (come sarebbe nel carattere autentico del Murattiano) e poi dipinti a calce, di colore giallo e poi rosso. Al posto dei due livelli prima esistenti, chiusi tra alti palazzi degli anni Settanta e altre sopraelevazioni, sta per essere costruito un palazzo di 5 piani oltre il piano terra, alto 20 metri, il massimo che le norme tecniche del piano regolatore consentono nel Murattiano. E che rendono irrealizzabili tutti i 7 metri cubi per metro quadrato consentiti dall’indice di fabbricabilità nella zona, ma l’operazione appare ugualmente remunerativa, in un mercato immobiliare che con i suoi prezzi si fa beffe della crisi economica.
aaaaPer questo l’unico prospetto “deve avere una importanza” che i progettisti, l’ingegnere Maurizio Passannanti e l’architetto Giuseppe Cirillo, vanno a cercare soprattutto nella scelta dei materiali. “L’intonaco appare assai povero per una costruzione di pregio in una zona di pregio – dice Passannante -. Abbiamo, perciò deciso di rivestire la facciata con il Biancone di Trani, in lastre di grandi dimensioni. La pietra di Trani è un materiale bellissimo – spiega -, è il nostro materiale da costruzione per eccellenza”. A variegare la superficie di pietra, altri due o tre materiali. Il vetro, per gli infissi, l’acciaio inox per le cinque paraste che dal suolo raggiungeranno il grosso cornicione di coronamento, separando le teorie di balconi dotati di ringhiera o con parapetti ciechi (ma il progetto è ancora in evoluzione, alluminio bianco o grandi lastre di pietra per rivestire i parapetti?).
aaaaDall’ingegnere Passannante veniamo a sapere che la superficie lapidea sarà resa ruvida, forse con rigature verticali, come nel palazzo Andidero (progettato da Petrignani) in via Venezia. Ma più facilmente sarà bocciardata, dice il progettista ignorando – nell’accostamento di pietra e metallo – un importante precedente, a pochi isolati dal suo cantiere. Era il 1964 quando l’architetto Vito Sangirardi terminava di costruire in via Cairoli la sede del Banco di Napoli, rivestendo la facciata con la pietra di Risceglie trattata con la bocciarla fine e ricoprendo i pilastri con l’alluminio dorato.
aaaaLa città genera costantemente una immagine di sé e per far questo contraddittoriamente muta e conserva la propria identità, cui appartiene anche la pelle degli edifici, con i suoi odori e i suoi materiali. Trasformazioni che sono indotte talvolta anche da un conformismo culturale, come – a queste latitudini – il rivendicare alla pietra un ruolo di prim’attore. L’ingegner Passannante ha al suo attivo la costruzione recente di fabbricato, sempre nel Murattiano, in via Melo 10 – 14. Anche in quel caso si è trattato della demolizione e sostituzione di un edificio d’epoca e non sono mancate le timide resistenze da parte dell’Ufficio Tecnico del Comune. In via Melo ancora alluminio e vetro per i balconi, ma travertino romano invece che calcare tranese per rivestire il basamento. A guardare il precedente non c’è da entusiasmarsi per quel che annuncia in via De Rossi: nessun guizzo d’invenzione né voglia di leggere il contesto di un linguaggio contemporaneo. Per spiegare cosa intendiamo, chiamiamo in causa i Moodmakers, giovani progettisti baresi che nel 2002 spinsero l’allora assessore Donato Bosco a lanciare l’allarme per i pericoli – per la salvaguardia della città storica – nascosti nella urbanistica delle procedure ultraveloci, quella della SuperDia che non attende autorizzazioni
aaaaPietra dello scandalo fu, appunto una sostituzione edilizia in via De Giosa 101-103. Un fabbricato per abitazioni da costruirsi sulla demolizione di una fatiscente testimonianza del Murattiano. Come vuole la norma (la SuperDia) il nuovo palazzo – ultimato nel 2004 – ripete sagoma e volumertria del vecchio, ma la sua architettura è dichiaratamente contemporanea. I progettisti (Marcello Mininni, Filippo Capodiferro, Giuseppe De Giosa e Marica Laperchia) hanno lavorato con consapevolezza sulla materia della storia, riconoscendo e riproponendo i caratteri essenziali di un edificio murattiano, fra i quali sul prospetto la differenza tra un basamento di pietra e una facciata superiore intonacata. La traduzione con un vocabolario d’oggi in questa “regola” ha dato luogo a slittamenti di senso della materia: travertino color noce è stato scelto per rivestire piano terra e primo piano mentre ai livelli superiori una pelle di alluminio in pannelli ondulati che lasciano intravedere la superficie sottostante intonacata. Traccia discreta di una storia del costruire più onesta che “povera”.
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Nicola Signorile – “La Gazzetta del Mezzogiorno” dell’01 luglio 2009

1 Commenti:

Alle 18 luglio 2009 alle ore 03:35 , Blogger beppestarnazza ha detto...

Quello che accade da qualche anno a questa parte con l'istituto della cosiddetta "super-DIA" non è uno strumento urbanistico tuttofare in mano a municipalità sempre a corto di budget ma al contrario uno strumento che sposta le responsabilità dell'edificazione totalmente sui tecnici che propongono l'opera. Va da se che l'opera che si realizza (ad imperitura memoria, perchè in Italia si demolisce pochissimo, si recupera l'irrecuperabile e si costruisce troppo e male) dovrebbe essere valutata attentamente, con criteri non solo meramente economici. Ma questa è un'altra storia.

 

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