mercoledì 5 maggio 2010

La Laterza ripubblica il volume di "peucezio" edito negli anni cinquanta, quasi un "classico"

Non fece acqua il '900 di Puglia
La storia dell'Acquedotto pugliese scritta da Michele Viterbo

L’identità più alta e significativa della storia pugliese del Novecento è scandita dalle vicende dell’Acquedotto, una delle realizzazioni tecnico- ingegneristiche più rilevanti della realtà non solo nazionale, ma europea. Una compiuta ricostruzione delle complessa storia di quest’opera pubblica - che, dai decenni post-unitari, sollevò un vasto dibattito politico nel Parlamento, nelle amministrazioni locali e nel Paese - fu attuata nel 1954 dallo storico Michele Viterbo (Peucetio), La Puglia e il suo Acquedotto. Ed ora viene opportunamente ripresentata dall’editore Laterza. Viterbo, studioso originario di Castellana, dopo le drammatiche vicende del secondo conflitto mondiale, colse l’occasione per esaminare le scelte della classe dirigente nell’età giolittiana e negli anni del regime, il ruolo dell’intellettualità tecnica, le scelte imprenditoriali nazionali e locali ed in particolare la funzione del meridionalismo democratico che a gran voce sin dagli ultimi anni dell’800 sollevò la questione delle infrastrutture necessarie per la modernizzazione del Sud. Nel tracciare le modalità della realizzazione del Canale principale - che dal versante Tirrenico degli Appennini (sorgenti del Sele in Campania) per azione meccanica trasportò l’acqua sul versante Adriatico per circa duecentocinquanta chilometri sino a Villa Castelli (Brindisi) - Viterbo mise in luce tutti i complessi aspetti geologici, tecnici, sociali e produttivi dei territori attraversati dall’Acquedotto. Egli si soffermò sulle condizioni di vita delle popolazioni che riponevano le loro speranze nell’arrivo dell’acqua per risolvere tra gli altri malattie endemiche, come colera e tifo, e più in generale per il miglioramento delle condizioni di vita. L’autore offrì, in una chiara visione d’insieme ed in una efficace narrazione la complessa vicenda, non dimentico della sua iniziale formazione radicale e repubblicana e la condivisione della battaglia di Gaetano Salvemini che nel Consiglio provinciale di Bari e nei numerosi interventi parlamentari denunciò i ritardi nella costruzione di un’opera pubblica, tanto attesa dalle popolazioni; e svelò gli intrecci affaristico-clientelari della grande industria del Nord (la società Ansaldo di Genova e la ditta Bombrini) appaltatrice dei lavori ed il ceto politico nazionale e locale. La realizzazione dell’Acquedotto rappresentò un evento che coinvolse gli interessi dell’intera regione e ne mise in luce alcune figure della vita politico-culturale, tra le quali spiccavano l’economista salentino Antonio De Viti De Marco, l’imprenditore dauno Giuseppe Pavoncelli (presidente del Consorzio), il giurista Alfredo Codacci Pisanelli, deputato di Tricase, e Antonio De Tullio, presidente della Camera di Commercio di Bari. Costoro, agli inizi del Novecento, furono in prima linea nel respingere interventi assistenziali da parte dello Stato centrale e nel chiedere opere infrastrutturali, ferrovie, acquedotto, strade, per la modernizzazione produttiva dell’agricoltura meridionale e per risolvere il divario tra Nord e Sud. Viterbo si avvalse di importanti fonti documentarie reperite nei diversi archivi e biblioteche regionali e nazionali per tracciare anche la storia dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese (EAAP), costituitosi nel 1919 con il compito di provvedere all’alimentazione idrica dei centri abitati, assumendo nuove funzioni: dalla costruzione del sistema fognario alle opere di irrigazione, alla pavimentazione stradale dei comuni. Si trattava di un ambito estremamente vasto di competenze, che richiedevano una capacità di pianificazione degli interventi sul territorio regionale, urbano e rurale ed una capacità di sviluppo di una elevata attività tecnico-scientifica attenta anche alla salvaguardia del territorio e dell’ambiente. La nascita della stazione agraria sperimentale di Foggia per lo studio dei sistemi di coltivazione e di irrigazione, e l’istituzione nella regione di diversi laboratori per le indagini chimiche e batteriologiche rappresentarono alcune delle innovazioni d’avanguardia connesse all’intervento dell’EAPP. Il volume di Michele Viterbo, apparso nei primi anni Cinquanta, ebbe tra l’altro la funzione di recuperare la memoria storica regionale, dopo il varo della Cassa del Mezzogiorno ed alla vigilia di nuove e importanti realizzazioni (dighe e grandi invasi) che avrebbero affrontato definitivamente le questioni dell’approvvigionamento idrico e dell’irrigazione coinvolgendo anche le regioni limitrofe, Lucania, Campania e Molise. Nella storia dell’Acquedotto - arricchita alcuni anni fa da nuovi studi, come quelli di Luigi Masella - si riflette l’intera storia della Puglia nel Novecento.Michele Viterbo, scomparso nel 1973, fu anche promotore degli studi risorgimentali, soprattutto in Puglia. Le sue opere, nonostante il tempo trascorso, appaiono ancor oggi attuali e ci ricordano - di fronte a proposte di privatizzazione affrettate e calate dall’alto - che l’Acquedotto ha rappresentato e rappresenta non solo un grande patrimonio di tutti, ma, al contempo, un programma complesso per vincere non solo «l’arsura e la sete», ma «per irrigare le terre, per le industrie da far nascere, cioè per creare nuove fonti di ricchezza e di lavoro» ed infine per la difesa della salute e dell’ambiente.
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VITO ANTONIO LEUZZI - "La Gazzetta del mezzogiorno" del 05 maggio 2010

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